DOMENICO, “UOMO DELLA CHIESA”

 

Domenico “è un uomo della Chiesa”. Questa la definizione che dà di lui il Padre H. Vicaire o.p. nella sua Storia di S. Domenico (Ed. Paoline, Alba, 1959, p.548). Il biografo sottolinea tutta una serie di eventi e di circostanze della vita del Santo che consentono di affermare che tutto in lui “ha risonanza ecclesiale”. E’ l’influenza dello zio arciprete che fa maturare la sua vocazione ecclesiastica e l’amicizia con Diego, vescovo di Osma, imprime alla sua vita una svolta decisiva che fa affiorare la vocazione apostolica. Domenico è “amico di sacerdoti secolari e di religiosi e svolge al loro fianco la sua opera”. (ibid. p.549) e questa amicizia è fatta di confidenze e calore umano. Bellissima la frase di Vicaire : “Il primo sguardo che egli pose sul mondo è [.....] uno sgardo ecclesiale” (ibid. p.549), dove per “sguardo ecclesiale” l’autore intende lo sguardo di un uomo che si sa “responsabile della salvezza degli altri come della propria” (ibid. p.549); consapevolezza profonda e umile al tempo stesso, che porta “l’uomo della Chiesa” a elevare a Dio la famosa supplica : “Signore abbiate pietà del vostro popolo! Che ne sarà dei peccatori?” (process. Tholos. n°3 e n°8).
Non vi è nessun paternalismo nella preoccupazione del Santo, nessun sottinteso e, sia pur inconscio, fariseismo (del genere, Padre ti ringrazio perché io non sono come il pubblicano), ma, al contrario una com-passione e una sollecitudine per un’umanità sentita come formata di fratelli e della quale egli si sente responsabile come compete ad ogni cristiano.
Approfondendo la riflessione sull’appartenenza di Domenico alla Chiesa il Vicaire avverte : “ Sarebbe un grave errore credere che l’amore di Domenico per la Chiesa fosse soltanto quello di un uomo verso l’istituzione in cui è nato, che lo ha allevato, plasmato e arricchito della propria gioia” (ibid. p.549). Non si esclude che sia anche questo, che cioè un uomo possa amare la Chiesa anche come “istituzione”, ma l’autore svela le componenti più profonde di questo amore. Domenico guarda alla Chiesa come alla madre, perché questa è la volontà di Cristo nei confronti di “chi voglia avere Dio come Padre” (ibid. p.550) e alla radice di questo amore così come di ogni altro amore che meriti questo nome, vi è l’amore per Cristo Gesù, profonda ispirazione cristocentrica che rimarrà come carattere indelebile, attraversando la storia dell’ ordo praedicatorum: l’amore di Cristo “è l’anima della vita domenicana” (P.R. SPIAZZI o.p., Cristo nella spiritualità domenicana, Ed. S. Sisto vecchio, Roma, 1967, p.22). Se cavallerescamente Domenico è devoto a Maria e alla Chiesa, nei confronti di Cristo è veramente Dominicus, è homo, nel senso feudale, del suo signore che è il Signore. Mediante Gesù egli si porta a Dio e di Gesù accetta fino in fondo l’ammaestramento  : salvare gli uomini illuminandoli con la verità : “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo : per rendere testimonianza alla verità”. (Gv 18, 37)
“Il culto della verità libera e purifica. E’ la caratteristica più saliente della santità di Domenico : essere perfettamente se stesso” (VICAIRE, op. cit. p. 55). Ma l’amore per la verità non è subordinato alla ricerca di una guida pratica per la vita o all’esigenza di ammaestrare gli altri. Domenico ama la verità per se stessa; verità ontologicamente intesa alla maniera di Agostino, più che mai “maestro interiore” di Domenico.