ASCOLTIAMO IL SILENZIO

 


“Ascoltiamo la parola dentro,
acqua sorgiva, luce sulle pietre.
Ascoltiamo il silenzio.” 
 
                                           A. Dentone                                                     


 Nel Saggio sui dati immediati della coscienza di H. Bergson, il tempo “spazializzato” delle scienze si distingue dalla durata o tempo interiore, tempo dell’esperienza concreta. Con lo stesso sostantivo tempo si designano quindi due modalità molto diverse tra loro che non possono essere usate indifferentemente, una per l’altra.
La stessa distinzione può essere introdotta a proposito del silenzio, tra silenzio inteso come assenza di rumore e silenzio come “fare silenzio”.
Si potrebbe parlare anche in questo caso di un silenzio esteriore e di un silenzio interiore.
Anni fa, in un suo commento a Shelling, L. Pareyson usava l’espressione “silenzio della ragione” per indicare l’esistenza di un confine oltre il quale la ragione, intesa come facoltà dialettica, non può procedere e deve appunto fare silenzio. Il silenzio della ragione, del ragionevole, è il divenire silente di tutto ciò che appartiene all’orizzontale, all’esperienza dell’uomo che è animale ragionevole.
C’è un rapporto stretto tra silenzio della ragione e povertà dello spirito : quanto più la ragione fa silenzio tanto più l’uomo si fa povero di sé e, come Maria di Betania, non è    pre-occupato ed è quindi ricco di Dio. “Nulla è più sublime del silenzio
frutto dolce della povertà “ (1)
L’altro silenzio, quello esteriore può senza dubbio contribuire e facilitare l’instaurarsi del silenzio  interiore, ma non è detto che sia assolutamente indispensabile : vi sono esperienze di silenzio interiore spinto ad un tale punto di perfezione  che il soggetto che sta in silenzio è “attraversato” dal rumore esterno senza avvertire alcun fastidio. Questo silenzio è una lenta, anche faticosa, ma preziosa conquista e non può essere banalmente confuso con il non far rumore o con lo stare semplicemente zitto : è evidente che io posso tacere e nel frattempo lasciare che la mia mente vada a ruota libera, pensando intensamente a tutta una serie di cose, desiderandole e facendo progetti per procurarmele e, quindi, pre-occupandomi.
Con il silenzio interiore si coniuga felicemente anche la solitudine (non l’isolamento) nella quale l’uomo si incontra con Dio e, attraverso di Lui, con i fratelli.
“Io sono […] il Tetragramma che non puoi pronunciare perché è il silenzio […] puro silenzio che non lascia sentire nulla, se non il silenzio stesso […]”(2). Il silenzio metafisico, silenzio dell’Essere che è l’essere del Silenzio ; non il silenzio mancanza di rumore, che è il silenzio sensibile.
“Esiste un silenzio vuoto, che non dice nulla, ed esiste un silenzio “pieno”, che in certo modo parla, e dice di più di quanto si possa dire con le parole, almeno per chi è capace di intendere”(3).
Di contro (ma non contro) ad Heidegger che respinge le parole vuote, le chiacchiere dell’esistenza inautentica, prendiamo atto che vuoto può essere anche il silenzio : se è vero che due innamorati possono guardarsi, in silenzio, e parlarsi con l’anima attraverso gli occhi, è altrettanto vero che esiste il silenzio mortale dei coniugi che da anni hanno smesso di parlare, dei padri e delle madri che non hanno dialogo con i figli, dei residenti in giganteschi condomini che incontrandosi in ascensore nemmeno si salutano. Anche il silenzio può divenire abitudine e di qui scadere in tetraggine e isolamento.
Non dobbiamo mitizzare il silenzio : potremmo rischiare di privilegiare la tragica situazione dei sordi, dei muti, degli autistici ; e, in ultima analisi, nulla è più silenzioso del cadavere. Dobbiamo avere ben presente la distinzione tra l’assenza di rumore e il silenzio che incontra Dio, il silenzio del mistico  che mediante il silenzio comunica col Silenzio. Non dobbiamo illuderci di poter così semplicemente instaurare quest’ultimo “tipo” di silenzio, grazie alla pratica, portata a volte all’esasperazione, del silenzio del primo tipo.  Al contrario se, ad esempio i membri di una comunità religiosa saranno tutti pervenuti all’esperienza del silenzio interiore, sarà per loro, in un certo senso, naturale restare tra loro in silenzio , continuando a comunicare grazie alla comune esperienza, senza che questo significhi isolamento e graduale indifferenza reciproca. Non confondiamo silenzio e mutismo ; non inflazioniamo e non svalutiamo il silenzio.

                                                                      


(1) A. DENTONE, Silenzio, Bastogi, Foggia, 2002 p.81
(2) M-A. OVAKNIN, Le dieci parole, Paoline, Milano, 2001 p.50
(3) G. CAVALCOLI, Il silenzio delle parole, in Sacra Doctrina, 3-4 maggio-agosto 2002, Anno 47 p.9