Breve storia dell'Ordine domenicano

Un “cappello” storico introduttivo per la presentazione della storia dell’Ordine Domenicano è una occasione favorevole per riproporre all’attenzione del pubblico una figura, quella del Fondatore, Domenico di Guzman, sulla quale sembra essersi lentamente depositata un po’ di “polvere”dei secoli.
In apertura vogliamo collocare quello che dice di lui  Michel Roquebert che, insieme a Humbert Vicaire o.p. è uno dei più autorevoli studiosi del ‘900 e biografo del Santo Padre  Domenico: “[…] un uomo dall’’intelligenza folgorante e dalla volontà prodigiosa”. Riportiamo qui in seguito alcuni giudizi che di lui hanno dato persone che lo hanno conosciuto personalmente o di fama: “ Forte come il diamante, tenero come una madre” P.H.Langrange o.p. “la sua compassione si estendeva […] non solo ai fedeli, ma anche ai pagani e ai non credenti e perfino ai dannati dell’inferno”. (Frate Ventura-Processo di canonizzazione) “un uomo profondamente libero” (il cardinale Villov 1970)

Cenni biografici di S.Domenico:
Domenico nasce a Caleregua, villaggio della Vecchia Castiglia. A sud, a est, a ovest l’altopiano della Castiglia che si distende senza interruzione: terre aride, aspre, orizzonti  lontani che parlano di infinito. Sappiamo che la sua prima educazione fu affidata ad uno zio ecclesiastico, che gli impartì l’istruzione elementare fino ai dodici anni. Domenico ne ha quattordici quando lo troviamo studente a Palencia, centro di studi fiorente, unico in tutta la Castiglia: sarà anche la sede della prima università spagnola.
Giordano di Sassonia lo definisce instancabile nello studio che sarà uno dei più importanti cardini del futuro dell’Ordine. Questo giovane studioso, di origine aristocratica, mostra di avere ben chiare le priorità in base al vangelo quando sacrifica gli strumenti della sua vita intellettuale - egli vende i suoi libri  in un periodo di grave carestia a Palencia - per ottemperare al messaggio evangelico del dare da mangiare agli affamati.       “ la fama delle opere e delle virtù si è ormai sparsa in Castiglia” e il priore della Cattedrale di Osma gli offre un posto nel suo capitolo. Dovendo nel 1202 recarsi in Danimarca quale ambasciatore del re di Castiglia allo scopo di chiedere la mano di una nobile per il figlio Ferdinando, il Vescovo di Omsa Diego di Aceves volle con sé Domenico, giovane sottopriore del capitolo. L’ambasceria, in seguito, si risolse in un insuccesso per la morte della fanciulla, ma durante i viaggi dal Sud al Nord dell’Europa i due ecclesiastici  attraversarono il territorio di Tolosa nella Linguadoca ed ebbero il primo contatto diretto con gli eretici catari. A Montepellier nel giugno del 1206 si incontrano con i legati pontifici incaricati della  predicazione agli eretici che comunicano loro di avere quasi deciso di abbandonare, Diego ritiene invece che sia più che mai necessario continuare, ma gli pare impossibile che si possa richiamare alla fede con le sole parole “gente che si fonda invece sugli esempi. Notiamo qui due vocaboli molto significativi, parole ed esempi: verbo et exemplo, quello che sarà il binomio imprescindibile della predicazione  domenicana. ”. La proposta di Diego è quella della povertà evangelica che comportava congedare il seguito lussuoso e numeroso, mantenendo solo lo stretto necessario.
Nel 1206 si colloca un episodio destinato ad avere un grande futuro e ad accompagnare un posto particolare nell’affettività di Domenico. Il Roquebert lo preannuncia in questo modo: “Ecco come era il centrum in cui Diego, Domenico e Raul fecero tappa un giorno dell’autunno del 1206” Il castrum è Fanjeaux un borgo che essi non avevano ancora visitato. Il primo documento ufficiale che sanziona questo avvenimento è un rogito del 17 aprile del 1207 con cui il Vescovo di Narbonne dona la chiesa di S. Martino a Limoux “alla priora e alle monache recentemente convertite […] che dimorano ora e in perpetuo nel castrum di Fanjeanaux presso la chiesa della beata Maria di Prouille nella diocesi di Tolosa […] con la consegna della presente carta attribuiamo la proprietà alle suddette monache e per esse e in loro nome fra Domenico di Osma e fra Guglielmo”.
Tra il maggio e giugno 1207 la schiera  dei predicatori che si sono uniti ai due castigliani si è incredibilmente ingrossata e Per regolarizzare la posizione dei”missionari” uno dei legati Raul di Fontpoide domanda al Papa di voler approvare il metodo apostolico instaurato da Diego di Aceves. Nell’estate del 1207 i monaci cistercensi ritornano alle rispettive abazie, anche Diego fa ritorno in Spagna, Domenico rimasto solo continua a occuparsi di Proulle, per sé e per i suoi compagni sceglie la mendicità, ma per le monache si preoccupa che abbiano un reddito.
Durante gli anni 1207-10 più nessuno si preoccupa di Domenico: è assai probabile che abbia continuato la sua predicazione vagabonda. Dopo il 1210 il suo nome comincia ad apparire sempre più spesso legato a quello del Vescovo di Tolosa Folco. Questi ha una personalità molto diversa da quella di Domenico , è pienamente coinvolto nella Crociate contro gli Albigesi (1209/1219), ma nonostante tutto ha conservato uno slancio pastorale che gli permetterà di trovare una via di intesa con Domenico.
Due tolosani abbienti offrono a Domenico i loro beni: egli li accetta per farne un convento. Favorevolissimo alla nascita della comunità maschile è il Vescovo Folco che dà a Domenico e ai suoi compagni la sua approvazione perché possano predicare entro la sua diocesi.
Approvazione del nuovo Ordine
Nei primi giorni di settembre del 1215 Folco e Domenico partono per Roma; per il 1° novembre è convocato il IV Concilio Lateranense. Domenico ha intenzione di domandare a Innocenzo III la conferma della fondazione tolosana. Papa Innocenzo III respinge la richiesta richiamando la disposizione del Concilio nel Canone XIII che vieta la creazione di nuovi ordini religiosi, lasciando però la porta aperta se si fa propria una regola già approvata. Rientrato a Tolosa sceglie come regola molto ragionevolmente quella di S. Agostino.
Intanto il 16 luglio del 1216 muore Innocenzo III. Domenico torna immediatamente a Roma ed espone i suoi progetti al nuovo Papa Onorio III trovando un’accoglienza più calorosa: Onorio emana una prima Bolla, la Religiosam Vitam eligentibus del 22 dicembre 1216 e una seconda il 21 gennaio 1217,la Gratiarum omnium, che confermano la fondazione dell’Ordine riconoscendogli un carattere universale.
Sciolta allora la comunità di Tolosa Domenico inviò i suoi frati in varie regioni d’Europa; essi erano ormai “i predicatori” come li aveva definiti Onorio nella Bolla del 1217, sottolineando la missione specifica del nuovo Ordine e ponendo l’accento sulla innovazione che comportava dato che fino ad allora la predicazione era stata prerogativa esclusiva dei principi e dei vescovi.
Negli anni successivi l’assetto organizzativo dei Domenicani venne fissato nei capitoli generali tenuti a Bologna dove veniva definito  lo stato di mendicità dell’istituto, le sue Consuetudini  (più tardi chiamate Costituzioni) e la sua organizzazione territoriale in province .

L’ORDINE DOMENICANO LUNGO IL CORSO DEI SUOI 800 ANNI

Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle penitenze, il 6 agosto 1221 Domenico di Guzman muore circondato dai suoi frati e viene seppellito a  Bologna. Gregorio IX, a lui legato da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3 luglio 1234.
Tre sono gli elementi del carisma domenicano che illustrano in modo chiaro la fisionomia dell’Ordine dei Predicatori e la spiritualità del loro Santo Fondatore: l’esperienza di Dio nella dimensione contemplativa; la povertà e la fraternità apostolica; l’urgenza dell’annuncio della Parola e pertanto la priorità dell’evangelizzazione. Domenico stesso, negli anni faticosi e sofferti dell'apostolato albigese, si era definito: “praedicationis humilis minister”.
La ricchezza della sua personalità rifiorirà lungo i secoli nella schiera di Santi domenicani che abbracciarono il suo ideale e il suo testamento spirituale : “abbiate la carità, conservate l’umiltà, possedete la povertà volontaria”.
I primi secoli
Il Duecento vede un’espansione dell’Ordine senza precedenti nella Chiesa, (paragonabile forse solo alla diffusione dei Francescani): si passa dai 16 religiosi che affiancano il fondatore all’inizio del secolo ai 10.000 membri stimati ai primi del Trecento, dalle 6 province del 1221 alle 18 del 1303, con 590 conventi che contrassegnarono in modo rilevante, insieme alle  contemporanee istituzioni dei Minori, lo scenario urbano medievale, con una rete di insediamenti concepita e strutturata in modo articolato.
Il Beato Giordano di Sassonia, Maestro Generale dopo S. Domenico, entrato nell’Ordine nel 1220, possedeva  un carisma particolare come predicatore,  ma fu anche un grande fondatore di conventi e un instancabile viaggiatore. Nel 1228, nel capitolo che si tenne a Parigi, nel convento di St. Jacques, fece raccogliere e mettere per iscritto le antiche consuetudini. Queste costituzioni sono state curate da Giordano e da S. Raimondo di Penàfort che riordinò e rese più articolato il testo perché era un giurista. Queste Costituzioni erano ispirati ad un notevole rigorismo morale : Domenico era stato molto severo, soprattutto per quanto riguarda l’osservanza della povertà.
Dalla metà del XIII secolo in poi alcuni personaggi si distinsero particolarmente contribuendo a fare di questo secolo il secolo d’oro della scolastica e dell’Ordine domenicano in particolare. Sono personalità versate in tutti i diversi rami del sapere, che fanno corona a due intelligenze ecccezionali che si collocano tra i vertici assoluti del pensiero umano. Parliamo naturalmente di S. Alberto Magno (1206-1280 c.a) e di Tommaso D’Aquino (1225-1274). Impossibile anche solo tentare di abbozzare una sintesi del pensiero dell’uno e dell’altro. Possiamo semmai ricostruire almeno in parte l’orizzonte in cui si trovano ad operare. Come già detto, fin dai primi tempo l’Ordine dei Predicatori si era sempre segnalato per l’impegno nello studio voluto prima di ogni altro dallo stesso fondatore. Vera mundi lumina li chiamava Onorio III. A Parigi nel convento di St. Jacques si costituì uno studium generale che fu la prima scuola telogica importante, poi incorporata nell’Università. Seguiranno altri studia, Oxford, Colonia, Montpellier, Bologna.
Dal Trecento, quando il domenicano Niccolò di Boccasio salì al soglio pontificio con il nome di Benedetto XI, le vicende dell’Ordine si intrecciano saldamente a quella del Papato.
La figura femminile domenicana più popolare è senz’altro quella di Caterina da Siena (1347-1380) che oltre ad essere Patrona dell’Italia e d’Europa, fu proclamata, per la dottrina espressa nei suoi scritti, prima donna con Teresa d’Avila, dottore della Chiesa.
La  senese entrò  nel terz’ordine domenicano (le cosiddette Mantellate) e visse in continua tensione tra visione mistica e vita attiva: si adoperò attivamente non solo per la riforma della Chiesa e la pace della cristianità, ma anche per il ritorno del papa da Avignone e la ricomposizione dello Scisma.
La divisione della cristianità iniziata dopo il lungo periodo di permanenza avignonese dei papi (1309-1377) ebbe profonde conseguenze anche sulla vita dell’Ordine, diviso tra osservanza avignonese e romana. La divisione interna si risolve con Leonardo Dati, eletto generale nel 1414, nello stesso anno in cui il concilio di Costanza pone fine allo Scisma d’ Occidente riunendo la cristianità sotto Martino V.
Uno degli aspetti interessanti del trecento domenicano è l’atteggiamento verso la lingua del popolo a cominciare da quello italiano così che si può dire veramente “Negli stessi anni in cui Petrarca e Boccaccio davano alla luce i loro capolavori sorsero frati che nell’annunciare la parola di Dio alternavano il latino tradizionale all’incipiente italiano”.
La riforma interna all’Ordine che caratterizzò tutto il XV secolo (e toccò in misura diversa tutti gli ordini mendicanti, ma anche i monaci), ebbe inizio in Germania; in Italia si distinsero la B. Chiara Gambacorti (1362-1420) nel convento di San Domenico di Pisa, e il B. Giovanni Dominici (1356 ca-1419) che guidava i frati Osservanti a Venezia. Nel convento di San Marco, a Firenze, fondamentale fu il ruolo di S. Antonino(1389-1459), poi Vescovo della città. La fine del secolo è legata alla figura del ferrarese Girolamo Savonarola e alla vicenda fiorentina che lo vede protagonista, al termine della quale è scomunicato, impiccato e bruciato nel 1498.
L’opera di S. Caterina de’ Ricci  (1522-1590), mistica domenicana in amicizia con san Carlo Borromeo, san Filippo Neri, San Pio V, santa Maria maddalena de’ Pazzi, s’inserisce nella grandiosa riforma che fa capo a Gerolamo Savonarola per il quale nutriva profonda devozione e alla cui intercessione attribuì una miracolosa guarigione.
Un parola va spesa sul rapporto dei Domenicani con l’arte che fu sempre molto stretto e in alcuni momenti storici assai notevole e significativo: l’influenza sull’architettura gotica, le opere di pittura e scultura custodite in moltissime chiese domenicane, gli artisti domenicani, su tutti ricordiamo il celebre Giovanni da Fiesole, meglio conosciuto come Beato Angelico: di lui diceva il Vasari “i Santi che egli dipinse hanno più aria e somiglianza di santi che quelli di chiunque altro”.
L’evo moderno
Tra i avvenimenti che maggiormente influirono sui mutamenti di quella che si può ben definire una vera e propria rivoluzione culturale, in rapida successione : la scoperta dell’America, l’invenzione della stampa, le dottrine umanistiche. Il Cioffari parla di vitalità e di crisi dei Domenicani quando i religiosi furono coinvolti prima nella lotta contro l’eresia luterana, poi nella cristianizzazione del Nuovo Mondo. La loro opera  fu efficace grazie a un uso oculato e potremmo quasi dire “propagandistico” sia delle immagini sia di forme di associazionismo religioso (si veda in particolare il caso delle confraternite del Rosario sorte in seno all’Ordine, che conobbero un successo senza eguali dopo la vittoria di Lepanto, nel 1571, quando il papa domenicano S. Pio V istituì la festa della Madonna della Vittoria, poi cambiata in Madonna del Rosario).
Dell’attività missionaria domenicana nell’America Latina, particolarmente incisiva sul piano sociale, due frutti di singolare bellezza sono rappresentati da S. Rosa da Lima (1586-1617) Patrona delle Filippine, dell’India e del Perù e da S. Martino de Porres (1579-1639) simpatico fratello cooperatore, contemporaneo e concittadino della Santa.
Il secolo XVIII è il secolo della vera crisi dell’Ordine dei Predicatori : i Domenicani si ripiegano su se stessi , si richiudono nei loro conventi. La Chiesa si trovò impreparata di fronte ai mutamenti in certi casi anche radicali operati dalla Rivoluzione Francese che rovesciò ordinamento anche plurisecolari e l’Ordine non sfuggì a questa mutata situazione.
Ma intanto i martiri domenicani vietnamiti (1745-1862) e cinesi (1648-1930) mantengono viva la speranza in una prossima rinascita.

GLI ULTIMI DUE SECOLI


E’ impossibile qui seguire tutti gli avvenimenti che sconvolsero l’Ordine domenicano e la Chiesa del XIX secolo. All’inizio dell’Ottocento, col conflitto tra Napoleone e Pio VII, nello Stato della Chiesa venivano soppressi quasi tutti gli ordini religiosi, a eccezione di quelli dediti a opere utili alla società : i Domenicani dovettero assistere alla dispersione dei religiosi. Nel 1866 lo Stato liberale italiano emanava la cosiddetta “legge di soppressione” che privava tutti gli istituti religiosi (senza alcuna distinzione) del riconoscimento giuridico e dei loro beni (incamerati dallo Stato). Dopo anni di grande confusione, gradualmente, le comunità religiose tentarono di tornare alla normalità, anche se tra gravi difficoltà.
La rinascita domenicana dell’800 fu guidata da Henri D. Lacordaire che persegue il ritorno alla apostolicità dell’Ordine secondo l’intuizione originale di Domenico di Guzman. Dice il Cioffari che in lui “c’era una visione positiva della vita ed un apprezzamento delle conquiste della civiltà oltre alla fiducia nella potenzialità del cristianesimo nel redimere questo mondo terreno”. Nel 1850 veniva ufficialmente ricostituita la provincia di Francia, e di lì a poco anche altre province, quella di Occitania e quella di Tolosa ben note alla tradizione domenicana. Per merito di Lacordaire rinacque il nuovo Terz’Ordine. Dedicò la sua attenzione anche alla scuola. Fu eletto tra i membri dell’Accademia Francese. Verso la fine dell’800 un solido contributo venne anche anche dall’azione instancabile di padre Vincenzo Jandel, 73° Maestro dell’ Ordine, e alla sua insistenza sulle osservanze regolari. 
Esempi di attività feconde furono il padre Lataste, beatificato nel 2012, fondatore della Congregazione di Betania, cioè delle suore provenienti dal carcere, le cosiddette Riabilitate e il padre Lagrange che aveva fondato la scuola Biblica di Gerusalemme nel 1890.
E’ per opera dei discepoli di Lacordaire che avrà inizio anche la ripresa delle claustrali prima in Francia e poi in altri paesi dell’Europa e per la prima volta sorge una comunità di monache nel nord America a Newark, seguita da altre.
Tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 “i domenicani sono formati nella dottrina neotomista che garantiva allo stesso tempo unità dottrinale alla Chiesa (enciclica Aeterni Patris di Leone XIII) e unità di formazione ed azione all’Ordine”.
Il XX secolo ha dato seguito alla ripresa dell’Ordine. Lentamente le province poterono riaprire un buon numero di conventi. Iniziato, infatti, in una situazione giuridica restrittiva delle loro libertà civili, il ‘900 ha visto una costante crescita numerica dei domenicani fino al Concilio (dal 1920 fino al 1960 circa), e si è concluso con una progressiva riduzione degli organici.
Segnaliamo tra le personalità rilevanti del nostro tempo, tre grandi padri che furono protagonisti al Concilio Vaticano II : Chenu, Congar e Schillebeeckx.
Anche per le contemplativa domenicane si contano in questo secolo nuove fondazioni e per la prima volta sorgono monasteri domenicani in Africa e Asia.
Una parola sulle suore domenicane impegnate nell’organizzazione dell’insegnamento che, specie nella seconda metà del ‘900, hanno giocato un ruolo rilevante per tutta la Chiesa nell’ istruzione primaria e secondaria.