IL COMPUTER E LA CONTEMPLAZIONE

Da diversi anni in monastero, per la funzionalità dei servizi di segreteria e di gestione dati, è arrivato il computer. Lo diciamo subito che è una gran bella trovata, perché risolve tutta una serie di piccoli problemi, snellisce molte procedure e offre svariate soluzioni creative alle esigenze d’informazione religiosa e di animazione liturgica.
Nessuna contraddizione con la vita di contemplazione che abbiamo come fine, la clausura stessa essendo semplicemente un mezzo per raggiungere un’unione più profonda con Dio; se contrapposizione esiste sta nel paradosso stesso della Chiesa, la quale, sono parole di T. Merton “è a un tempo essenzialmente tradizionale ed essenzialmente rivoluzionaria. Ma questo non è poi tanto un paradosso, perché la tradizione cristiana è una rivoluzione vivente e perpetua”. La tradizione cattolica infatti è tale in quanto vi è una sola immutabile dottrina, ma la vita della Chiesa è la vita stessa di Dio, che si riversa nella Chiesa mediante il Suo Spirito, e questa vita soprannaturale è assolutamente opposta all’immobilità, alla decadenza e ad ogni altro degrado materiale. “La tradizione vivente del Cattolicesimo è come il respiro di un corpo fisico, esso rinnova la sua vita con  l’impedire il ristagno : è una costante, calma, pacifica rivoluzione contro la morte”.
Ora, Dio è ovunque e ogni cosa è pervasa dalla sua verità e dal suo amore, come la luce del sole e il suo calore pervadono l’atmosfera, ma come i raggi del sole non accendono il fuoco da soli, così senza Cristo, lente che ci accende, non possiamo fare l’esperienza del soprannaturale, non contempliamo.
Per conoscere Dio abbiamo bisogno insomma di un computer del tutto speciale che ci colleghi alla vita divina e questo computer è il Cristo; solo nel Cristo, via normale alla contemplazione, noi possiamo metterci in contatto con Dio mediante il software del suo Santo Spirito.
Inoltre la più alta vocazione nel regno è quella di partecipare ad altri la propria contemplazione - contemplari et contemplata aliis tradere ,è il bel motto lasciato da S. Tommaso d’Aquino all’Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani), - e di portare altri alla conoscenza di Dio, ecco che anche Internet può diventare un mezzo valido per “accendere” le anime.
Ricordiamo l’invito di Giovanni Paolo II : “duc in altum” anche nel mare di Internet ; prendiamo il largo nella navigazione multimediale.

 


Televisione, satelliti, compact disc, fibre ottiche, computer, videocassette e tutte le nuove tecnologie digitali, consentendo agli uomini di avvicinarsi fra loro più agevolmente, aprono concrete possibilità di una migliore intesa, di proficui scambi culturali e di una informazione più chiara oltre che più veloce sui problemi attuali che coinvolgono l’intera umanità. Secondo Giovanni Paolo II tutti questi nuovi strumenti fanno dei mass media :”un moderno areopago dove le informazioni si ricevono e si trasmettono rapidamente ad un un’audience universale, dove vengono scambiate nuove idee, dove si forgiano comportamenti e dove di fatto si va delineando una  nuova cultura.” (GMG 96) La quantità enorme di informazioni che i nuovi media possono trasmettere da un capo all’altro della terra in tempo reale e la straordinaria disponibilità del materiale che sempre più immagazzinano e diffondono, migliorano certo in misura considerevole i rapporti fra uomini e popoli, ma il fine ultimo degli strumenti della comunicazione sociale resta, e con tanta  maggior ragione quanto maggiore è la loro potenzialità strumentale, quello di dar vita ad una vera comunione fra gli uomini basata sulla volontà di bene comune. E’ chiaro che per amare bene, bisogna innanzitutto cercare e amare la verità, una verità che non è solo l’aver coscienza di un obbligo morale, perché l’amore è fatto di relazioni umane pratiche e concrete, e la verità da amare in noi e negli altri non è quindi una speculazione astratta, ma la stessa verità morale che deve prendere corpo e vita nel nostro e nel loro destino ; un destino che è comune, perché ogni uomo è una parte di ciascuno di noi , come ciascuno di noi è parte e membro del genere umano.
Nella Chiesa ogni cristiano sa di far parte di uno stesso corpo, in quanto tutti siamo membra del Cristo, ma la stessa cosa vale per l’intera umanità : ciò che ciascuno fa, è fatto per gli altri e ciò che gli altri fanno è fatto per ciascuno, e ognuno è responsabile della   parte che egli ha nella vita dell’intero corpo.  Mai, insomma, come in questo nostro tempo di globalizzazione mondiale, risultano vere le parole di J. Donne : “Nessun uomo è un’isola in se completa : ognuno è un pezzo di un continente, una parte di un tutto.” 
La carità che nasce dalla vita di contemplazione, che è vita di comunione con Dio, non sarà mai quella che deve essere fintanto che ognuno di noi non compirà la sua parte nella vita dell’organismo soprannaturale al quale appartiene, il Corpo mistico di Cristo, un Corpo che ha le sue radici nella realtà di questo mondo.

 

 

Come dice Giuseppe Lazzati nel suo libro “La città dell’uomo”, è certamente compito dei cristiani costruire “una città dell’uomo a misura d’uomo”, ma sul piano strutturale dell’edificazione di una civiltà dai valori veramente umani, tutti gli uomini, cristiani e no, devono dare il loro contributo, perché a questi valori tutti, più o meno consapevolmente, aspirano, e perché, di fatto, tutti a questa costruzione prendono parte.
Le cose create, una volta poste in essere dall’atto creatore di Dio, sussistono in forza delle leggi in esse disposte dallo stesso Creatore (ma, per ciò che riguarda le conclusioni di questo pensiero, nulla cambia se all’inizio di tutto si vuol porre il “Big Ben”; la differenza sostanziale fra le due posizioni va ricercata tra l’affidare l’universo al caso, che non rende ragione delle sue leggi, anziché ad una sapienza che le conosca e provveda) così che è compito dell’uomo scoprirle, capire il loro linguaggio e ordinale al suo servizio. L’autonomia delle realtà terrene deriva dal concetto stesso di creazione, come si legge al n.36 della “Gaudium et spes” “Le cose create e la stessa società hanno leggi e valori propri , che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare”. Il lavoro umano si presenta in tal modo come partecipazione e continuazione dell’opera creatrice per un verso, e per l’altro è spiritualizzazione della materia; il mondo futuro infatti prende forma dal mondo attuale e si sviluppa da esso come pianta dal seme.
Un apporto determinante alla costruzione di una civiltà dal volto umano nel mondo d’oggi lo possono e lo devono dare i moderni mezzi di comunicazione sociale; l’estensione globale del loro potere comporta alle persone che in questi mezzi lavorano enormi responsabilità morali e speciali doveri .“L’esigenza morale fondamentale di ogni comunicazione è il rispetto per la verità ed il servizio ad essa. La libertà di cercare e di riferire quello che è vero, è essenziale per la comunicazione umana, non solo in relazione ai fatti ed alla informazione, ma anche, e soprattutto, per quanto concerne la natura e il destino della persona umana, per quanto concerne la società ed il bene comune, per quanto concerne il nostro rapporto con Dio. I mass media hanno una responsabilità ineluttabile in tal senso, poiché essi costituiscono il moderno areopago nel quale le idee vengono condivise e le persone possono maturare nella comprensione reciproca e nella solidarietà.” (Messaggio di G.P.II per la 37° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali)

 

 

“Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica, che emerge come sfida cruciale del terzo millennio. In maniera non dissimile da quanto accade sul fronte della vita umana, del matrimonio e della  famiglia, e nell’ambito delle grandi questioni contemporanee concernenti la pace, la giustizia e la    salvaguardia del creato, anche nel settore delle comunicazioni sociali sono in gioco dimensioni costitutive dell’uomo e della sua verità. Quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al  controllo sociale, finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell’uomo,rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone. Ecco perché è indispensabile che le comunicazioni sociali difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito, un’“info-etica” così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita.” (Benedetto XVI)
Quel che la Chiesa auspica è che i contenuti delle "comunicazioni sociali" rispettino sempre l'uomo nella sua integrale realtà esistenziale umana. Perciò che "l'informazione, nel suo contenuto, sia    sempre vera e, fatte salve la giustizia e la carità, anche intera"; che nelle opere di ingegno o di arte si ricorra pure "alla narrazione, descrizione e rappresentazione del male morale..., che può indubbiamente contribuire ad una più profonda conoscenza ed analisi dell'uomo, ed a manifestare ed esaltare lo splendore del vero e del bene, oltre che a creare più felici effetti drammatici"; e che in ogni caso, anche "mediante l'uso di questi strumenti, si formino e prevalgano opinioni rette".
La Chiesa propone cioè un'etica che va più a fondo, perché riesce a raggiungere la persona umana nella sua coscienza, nella sua dignità, nel suo intreccio di relazioni con gli altri.